Tra uno scaldacollo da moto usato come mascherina e passeggiate col cane sempre più ridotte per mancanza di obiettivi ( i parchi sono chiusi), passano le giornate.
In attesa di non si sa cosa, mentre si sa quello che si spera: che le cose tornino con una sembianza di normalità, anche se tutti siamo sicuri che non saranno più come prima.
Non sarà come la fine della guerra, dove un documento chiude (almeno sulla carta) le violenze e gli scontri. Sarà una cosa progressiva, poco alla volta, senza quella sensazione che ti fa tirare il famoso sospiro di sollievo (senza la mascherina…) e con il rischio che finchè non ci sarà una cura, qualcuno infetto bussi alla porta.
Di sicuro, faremo scorta delle esperienze vissute: sapremo come ci si deve comportare, almeno chi ragiona lo farà. Per i fessi speriamo ci pensi il virus, magari in forma blanda, ma che gli faccia capire che nessuno è invulnerabile e che se ti dicono di startene a casa, forse è meglio farlo. Di sicuro stiamo imparando che veramente la propria libertà finisce dove comincia quella di chi ti è vicino e viceversa , e il rispetto diventa fondamentale in entrambe le direzioni. Stiamo imparando a organizzarci il tempo in casa, il cosa fare, l’apprezzare la compagnia da un lato e rispettare la solitudine dall’altro. Dopo questa solitudine imposta magari saremo più tolleranti in mezzo alla gente, sperando che questa abbia imparato a non esagerare…
Nel frattempo siamo ancora in mezzo a quest’epidemia, dove c’è gente che soffre ( e a volte muore…), dove c’è gente che si sbatte per curare chi è malato e dove chi nega l’evidenza se ne frega e continua a fare quello che vuole. Ma è storia vecchia, anche Manzoni nei suoi “Promessi Sposi” racconta di storie simili durante la peste e anche il Boccaccio nel Decameron, sempre in un’occasione simile, narra storie ambientate nel periodo. Si vede che le epidemie stimolano la creatività… Aspettiamo qualche opera omnia scritta in questo periodo, l’occasione è propizia. Covid Tales…