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quando…

Giancarlo e Martina Fercioni
Uno dei primi giorni a casa…

Quando la cosa più colorata del giorno è lo schermo di un computer, c’è poco da scherzare…
Quando la cosa più intelligente del giorno la trovi scritta su un sito di fake news, siamo, come direbbe una mia amica, veramente alle cozze.
Quando cominci un post di un blog con un’iterazione come “… quando…” vuole dire che il grigio e l’umido che c’è fuori è anche dentro la propria testa…
Forse, quando come proposta quotidiana di vecchie immagini, FB ti propone la foto che ami di più, il grigiume si dirada e comincia a riprendere colore. Anche se la foto è leggermente tirata sui rossi, tipica della correzione che ti facevano le pellicole Kodak quando la luce naturale era appena appena sufficiente, è talmente piena di significato e racconta esattamente come eravamo allora (fine luglio 1990): innamorati di una bambina che avevamo voluto più di qualsiasi cosa al mondo, e che ancora adesso, facciamo molta fatica a non amare.
Intanto , mentre fuori piove, questa immagine mi riscalda il cuore: alla faccia del riscaldamento centralizzato o autonomo, l’affetto e l’amore fanno miracoli in questo senso.
Sto andando sul melenso? Forse. Ma l’importante è non essere falsi: è come mi sento oggi. Forse la vecchiaia si fa sentire, ma se la vecchiaia è farsi riscaldare il cuore dai ricordi, penso sia un buon segno. Forse vuole dire che si riesce a selezionare i ricordi belli, archiviando il più possibile quelli tristi che inevitabilmente ci sono. Ricordo anche che qualche giorno prima, l’ho tenuta in braccio per primo, data l’anestesia di Nadia per il parto cesareo. E non mi importava neanche, tanta era l’emozione e l’amore, che un medico incauto, vista la posizione podalica di Martina le abbia lasciato una cicatrice da bisturi , per fortuna in una posizione non pericolosa e visibile. Un tattoo ante litteram…

Ei fu, siccome il mobile…

No, non immobile.. Proprio il mobile. La libreria! Spiego: …Quando capita di essere nel bel mezzo di un trasloco interno, ovvero un cambio di stanze all’interno della medesima casa, può capitare che ti trovi a dover fare a meno di un pezzo importante dell’arredo di casa. Il pezzo in questione è una libreria che, per importanza e imponenza, era uno dei punti focali della sala. Inoltre conteneva un enorme numero di mie carabattole di ogni genere, quindi di difficile eliminazione, perchè da accumulatore compulsivo la sola idea di gettare qualcosa che, chissà, forse, può darsi, magari un giorno potrebbe venire utile, non la riuscivo neanche a concepire. L’ unico modo che mia moglie ha trovato per sfoltire la giungla di aggeggi che imbosco in ogni dove è quella d’inventarsi dei traslochi, veri o interni che siano, all’interno dei quali si perdono cose… Lo so, dicono sia una vera e propria sindrome, come d’altronde pare che lo sia anche l’ordine compulsivo, l’incasellare cose e oggetti ognuno nel suo posto preciso. Insomma io e lei ci integriamo: io accumulo e lei scumula, io disordino e lei riordina. Meno male che nostra figlia è un buon compromesso delle due cose/persone. Disordinata ma nel limite, attenta alla pulizia ma non in modo ossessivo. 

Giancarlo, Nadia e Martina
Il Ferc, la signora Ferc e la bimba Ferc