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RACCOGLIAMO I PEZZI

Ugo e Martina

Lo devo e lo voglio fare… Anche perchè mio fratello scriveva molto bene e non voglio che questa cosa si perda. Il covid me l’ha portato via ma la sua memoria, le cose che ha fatto, le cose che mi ha detto, tutto quello che nonostante la differenza di età abbiamo fatto insieme devono essere portate avanti, con me. Insieme a me. Ho una foto meravigliosa su questa scrivania : lui che tiene in braccio mia figlia ancora piccina e che racconta una delle caratteristiche di mio fratello, la capacità di amare che spesso nascondeva con un’ironia protettiva. Uno schermo che quando ci mettevamo a ricordare il nostro passato e le nostre cose, cadeva e gli anni di differenza si comprimevano fino ad annullarsi.
Proprio adesso che anch’io mi avvicino alla pensione, a quel periodo che ti dovrebbe consentire di rimettere insieme molti pezzi di vita lasciati per strada, sono costretto a vivere di ricordi perchè lui non c’è più. Anche se sono convinto che in qualche modo c’è ancora, insieme a tutti i miei cari. Raccogliere i pezzi, in questo periodo in cui siamo costretti ad evitarci anziché star vicini, diventa una regola, perché questa maledizione visualizzata come un marzianino verde con le ventose può anche farci molto male , ma non può toglierci la capacità di ricordare. Il calore di un pensiero dolce e affettuoso . I medici gli infermieri che hanno curato Gianugo lo ricordano come una delle persone più gentili e disponibili anche nella malattia e questa deve essere la base da dove ripartire.
Ciao fratellone.

back to the past

Sto parlando (scrivendo) di un passato recente che parla di un passato lontano.
Come al solito se non complico le cose non sono contento… Spulciando i commenti di chi si è iscritto a questo blog, mi è capitato di rileggermi in un post che trattava di mio padre, mio papà (come si dice al nord) o il mio babbo (come si dice nella terra di origine della mia famiglia, la Toscana)… E il magone è spuntato come il virus di questi giorni.
Premessa: il post di cui sopra s’intitola “Aldì” , facendo il verso ad una canzone struggente che Fabio Concato aveva dedicato a suo padre “Gigì”.
Allora nasceva da un momento di riflessione e di malinconia per tutto quello che non avevo potuto condividere con mio padre Aldo, scomparso quando avevo 22 anni, giusto l’età in cui smetti di essere un bischero supponente convinto solo di te stesso e ricominci a capire che importanza hanno i tuoi genitori, per le cose che ti hanno insegnato e per quelle che ti hanno fatto capire che non era il caso di fare.
Adesso per esempio, in piena crisi sanitaria mondiale, loro che avevano passato momenti come la Seconda Guerra Mondiale: mio padre reduce dalla campagna di Russia con in regalo un congelamento della retina e molto vicino alla cecità e mia mamma infermiera negli ospedali militari con ricordi terribili ma un bagaglio di esperienze tali da riuscire a tirar su due figli ben dritti e onesti alla scomparsa del padre, ci avrebbero sicuramente indicato l’atteggiamento e la strada giusta. Cosa che spero di aver fatto con mia figlia…
Spero di aver capito, in quei purtroppo pochi anni condivisi, i messaggi di mio padre, fortunatamente rinforzati da quelli di una mamma inossidabile e che avrei voluto eterna, che comunque ci ha accompagnato fortunatamente per tanti anni. Mai abbastanza.
Ora spero che quello che ho sedimentato di questi insegnamenti, di essere riuscito a passarlo a mia figlia, continuando a raccontare l’importanza delle cose ed il modo giusto di viverlo ed affrontarlo…

X… FACTO!

Il dubbio sul titolo era tra quello che vedete e “detto… Factor”… messo male, dite? Abbastanza… Però la serata è passata volentieri, ma facciamo un paio di passi indietro. Quanti anni sono che Sky si è caricata sulle spalle questa mega produzione? Tanti e da altrettanti che sulla intranet dell’azienda ci sono dei biglietti a disposizione dei dipendenti, ovviamente da vincere mediante qualche gioco. Siccome dove c’è un gioco io ci provo, e , sempre da quei tanti anni che non ho mai vinto un tubo, e siccome sono un Capricorno quindi testardo solo come noi nati a cavallo tra un anno e l’altro siamo, ci riprovo.
Lo faccio distrattamente, pronto all’ennesimo : “… riprova la prossima volta, sarai più fortunato…” . E invece esplode sullo schermo del PC “…hai Vinto..” No dai! Riguardo ed è proprio così, non è uno scherzo.
Da lì comincia la preparazione della serata: ora, prima regola di questi premi è che a usufruirne deve essere per uno dei due biglietti il dipendente in questione. Quindi mandare moglie e figlia è impossibile. Allora aspetto che se la sbrighino tra loro: ovviamente sarebbe stato bello andare con entrambe ma il regolamento non lo prevede.
Alla fine viene Martina , mia figlia. Ritiro i biglietti, andiamo a mangiare insieme e chiacchieriamo come non mi capita da tempo e inizia una serata bellissima, per la compagnia , per avere passato un pò di tempo insieme e per avere condiviso uno spettacolo nello spettacolo. La trasmissione l’abbiamo vista enne volte ma dal vivo è un’altra storia e non perchè c’è la televisione o le canzoni live, cose al quale, visto il lavoro che faccio, sono più che abituato… Ma perchè è entusiasmante la macchina di come è organizzato tutto, la bravura dei macchinisti, di chi prepara ad un metro di chi canta e presenta le scene, facendo apparire e scomparire le cose come per magia. Invece è bravura, professionalità, sincronismi provati tante e tante volte e rendono ancora più entusiasmante lo spettacolo…
Insomma Ok lo spettacolo, ok le canzoni e i cantanti, ma sopratutto ok stare con la propria famiglia e condividere cose che piacciono, insieme.

MI VIENE L’ERNIA…

Il bacio di Klimt by Martina Fercioni

… per lo sforzo di mantenere quello che mi sono imposto quando ho aperto questa pagina blog: non parlare di politica, sopratutto adesso che la politica di politico ha veramente poco. Le ideologie sono morte e sepolte nonostante qualcuno giochi ancora con gli “anti” per motivare la propria posizione, quindi no, non parlerò di niente del genere. Invece racconterò del fatto che mi sono emozionato per l’ennesima volta grazie a mia figlia Martina. Dopo tutti i passi piccoli e grandi che ho seguito della sua vita, ora ce n’è stato un altro: alla fine del ciclo di studi presso la MBA ha lavorato per uno spettacolo dove ha mostrato le sue capacità professionali. La foto è di un suo progetto realizzato per questo spettacolo ed io, da bravo papà , mi sono emozionato. Poi l’ho riguardato anche dal punto di vista professionale e l’ho trovato maledettamente ben fatto… e questo ha accresciuto l’emozione e la soddisfazione. E’ una cosa che cerco sempre di fare: ok le emozioni, ci mancherebbe altro, poi la valutazione professionale emerge e cerca di capire il valore vero , per capire se è giusto, se devo suggerirle qualcosa o no.
Tra questa riga e le precedenti sono passate un paio d’ore e una cena, oltre a leggere qualche social: sono sempre più convinto che questo blog deve rimanere pulito. Anzi, avviso a chi si è registrato (cosa che mi stupisce ancora e che ringrazio comunque molto), per favore , parliamo e scriviamo di tutto fuorché di politica: ne sono disgustato. Io sono cresciuto in un periodo in cui lo scontro ideologico era duro, a volte durissimo, ma onesto. Le discussioni si facevano faccia a faccia, a volte si veniva alle mani, ma non ci si nascondeva dietro una tastiera o uno pseudonimo… Questo è l’ultimo scritto in cui accenno anche alla lontana a polemiche più o meno attuali. Meglio “il Bacio” by Martina…

quando…

Giancarlo e Martina Fercioni
Uno dei primi giorni a casa…

Quando la cosa più colorata del giorno è lo schermo di un computer, c’è poco da scherzare…
Quando la cosa più intelligente del giorno la trovi scritta su un sito di fake news, siamo, come direbbe una mia amica, veramente alle cozze.
Quando cominci un post di un blog con un’iterazione come “… quando…” vuole dire che il grigio e l’umido che c’è fuori è anche dentro la propria testa…
Forse, quando come proposta quotidiana di vecchie immagini, FB ti propone la foto che ami di più, il grigiume si dirada e comincia a riprendere colore. Anche se la foto è leggermente tirata sui rossi, tipica della correzione che ti facevano le pellicole Kodak quando la luce naturale era appena appena sufficiente, è talmente piena di significato e racconta esattamente come eravamo allora (fine luglio 1990): innamorati di una bambina che avevamo voluto più di qualsiasi cosa al mondo, e che ancora adesso, facciamo molta fatica a non amare.
Intanto , mentre fuori piove, questa immagine mi riscalda il cuore: alla faccia del riscaldamento centralizzato o autonomo, l’affetto e l’amore fanno miracoli in questo senso.
Sto andando sul melenso? Forse. Ma l’importante è non essere falsi: è come mi sento oggi. Forse la vecchiaia si fa sentire, ma se la vecchiaia è farsi riscaldare il cuore dai ricordi, penso sia un buon segno. Forse vuole dire che si riesce a selezionare i ricordi belli, archiviando il più possibile quelli tristi che inevitabilmente ci sono. Ricordo anche che qualche giorno prima, l’ho tenuta in braccio per primo, data l’anestesia di Nadia per il parto cesareo. E non mi importava neanche, tanta era l’emozione e l’amore, che un medico incauto, vista la posizione podalica di Martina le abbia lasciato una cicatrice da bisturi , per fortuna in una posizione non pericolosa e visibile. Un tattoo ante litteram…

Ei fu, siccome il mobile…

No, non immobile.. Proprio il mobile. La libreria! Spiego: …Quando capita di essere nel bel mezzo di un trasloco interno, ovvero un cambio di stanze all’interno della medesima casa, può capitare che ti trovi a dover fare a meno di un pezzo importante dell’arredo di casa. Il pezzo in questione è una libreria che, per importanza e imponenza, era uno dei punti focali della sala. Inoltre conteneva un enorme numero di mie carabattole di ogni genere, quindi di difficile eliminazione, perchè da accumulatore compulsivo la sola idea di gettare qualcosa che, chissà, forse, può darsi, magari un giorno potrebbe venire utile, non la riuscivo neanche a concepire. L’ unico modo che mia moglie ha trovato per sfoltire la giungla di aggeggi che imbosco in ogni dove è quella d’inventarsi dei traslochi, veri o interni che siano, all’interno dei quali si perdono cose… Lo so, dicono sia una vera e propria sindrome, come d’altronde pare che lo sia anche l’ordine compulsivo, l’incasellare cose e oggetti ognuno nel suo posto preciso. Insomma io e lei ci integriamo: io accumulo e lei scumula, io disordino e lei riordina. Meno male che nostra figlia è un buon compromesso delle due cose/persone. Disordinata ma nel limite, attenta alla pulizia ma non in modo ossessivo. 

Giancarlo, Nadia e Martina
Il Ferc, la signora Ferc e la bimba Ferc