Sino a poco tempo fa non avevo tempo di rimpiangere il tempo dedicato alle riprese di questo sport. Passato dall’essere spettatore, poi tifoso, poi narratore in radio, a seguire assistente alla regia per concludere regista, i palloni da basket e chi li usava ( e li usa tuttora), sono sempre stati soggetti di particolare interesse, prima personale poi professionale.
Dal Mc Donald’s Open dell’89 a Roma, primo pallone a sinistra con firme dei Nuggets e di Milano allora sponsorizzata Tracer Philips, per arrivare a quel pallonaccio in gomma colorata sul quale però ci sono tutte le firme della nazionale italiana medaglia d’oro degli Europei di Francia del 1999. Ancora adesso il ricordo più caro da regista televisivo… Poi c’è quello di gara 2 della finale scudetto 2005 con le firme di Milano e poi il ritiro della maglia di Mike D’Antoni, il ritorno di Gallinari ecc. ecc. Adesso, ridotti forzatamente gli impegni da parquet , mi sono messo a fare un pò d’ordine… Arriverò anche a riordinare (lì sarà più difficile) tutti i Pass, anche perché facendo un conto spannometrico di tutte le partite dirette in trent’anni, tra campionato, playoffs, coppe varie, Eurolega, tornei estivi, basket maschile, femminile, lega A2 e compagnia palleggiante siamo sulle diverse centinaia, tante… Più vicino alle mille che alle cinquecento.
Se mi sono annoiato? Avere la fortuna di lavorare su una cosa che ti diverte non è da tutti e quindi anche le poche che mi hanno annoiato me le son fatte andar bene comunque. Come si dice: tirare la lima è un’altra cosa. Essendo stato uno scarsone quando giocavo, ho trovato il modo di fare qualcosa di buono per il basket, non potendolo fare in campo. Spero….
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Nomen omen…
Non voglio tediare chi non è interessato riguardo a storie di famiglia… per quello c’è già il sito www.fercioni.com.
Invece la mia intenzione è quella ricercare di spiegare cosa può significare il portarsi dietro un cognome “pesante” o che in passato lo è stato. Senza entrare nel merito, il mio lo è stato grazie a mio nonno e ai miei genitori e zii.
Questo , per lo meno è una mia sensazione, ha condizionato una buona parte della mia vita e , almeno un pò, lo fa tuttora. Lasciando da parte l’orgoglio di aver avuto nel mio passato persone che hanno fatto cose importanti, l’eredità mentale è quella di dover essere e rimanere al loro livello. Cioè di fare qualcosa di significativo, qualcosa che nel futuro faccia dire a mia figlia o a persone vicine di essere stati orgogliosi di me.
Il lato negativo è che poi diventa una catena quasi inevitabile e non so se questo sia giusto. Il rischio è quello di far diventare tutto ciò un peso o un aratro, una cosa che invece di stimolare possa poi frenare la propria strada normale.
Intendiamoci, non sono poi sicuro che questo magari non abbia influito, quando si è trattato di scegliere un mestiere, tra alcuni forse più remunerativi e anonimi e altri potenzialmente più evidenti ma magari meno “interessanti”. Tutto sommato spero di aver fatto le mie scelte nella vita, lavorativa e non, in base a quello che mi interessava fare di più e non quello che mi avrebbe fatto guadagnare maggiormente. Qui ci saranno commenti sicuramente ironici o negativi. Spero che qualcuno che capisca la cosa ci sia. Faccio ancora il regista televisivo da trent’anni e da più di quaranta considerando precedentemente la radio e la televisione con altre mansioni. Avrei potuto continuare a fare il copy o il grafico o finire architettura e lavorare su altri tipi di idee. Invece sono ancora qui, con uno stipendio come tanti che lavorano come dipendenti, sicuramente non male ma senza essermi arrampicato a tutti i costi più in alto. Fondamentalmente non mi interessava farlo: fino ad un paio d’anni fa ho lavorato su cose che mi piaceva fare, adesso per contingenze differenti magari un pò meno… Ma come si usa dire :”… tirare la lima e lavorare in fonderia, sono un’altra cosa…”