Anche se la “mia” Fiera di Milano non era in bianco e nero ma con i colori Agfa o Kodak di allora, con le dominanti azzurrine i primi e quelle rosse sature le seconde, cadeva sempre in questo periodo dell’anno.
Questi giorni avevano sempre le stesse cose in comune: il tempo che raramente era bello, ma quasi sempre velato o con una pioviggine molto milanese.
Attenzione, questo comunque non creava molti problemi, perchè ci si spostava da un padiglione all’altro, che erano molto vicini. L’altra cosa comune era la caccia al campioncino, di qualsiasi cosa, l’importante era portarlo a casa: dalle bottigliette stampate al momento nei padiglioni della plastica, a quelli degli alimentari, con i tetrapack di latte dallo stand della Centrale del latte. Poi c’era il passa parola tra i vari gruppi di ragazzi: se vedevi che un altro gruppo che aveva qualcosa di nuovo da portare a casa, alè di corsa prima che questo finisse a ricuperarlo.
Meno male che allora non esistevano ne i contapassi e neppure le App che ti dicono quanti chilometri facevi…
E il periodo era sempre vicino o coincidente con la Pasqua, e per chi viveva a Milano e dintorni era un appuntamento fisso, come la fiera degli “oh bej, oh bej” a Sant’Ambrogio, dove potevi trovare qualsiasi cosa, rigorosamente usata e quasi sempre inutile, uguale alla Fiera.
Adesso viene spezzettata in cento fiere specializzate, sicuramente più funzionali per quanto riguarda le vendite e la promozione, ma non hanno più quella funzione di aggregazione che hanno le fiere, dove t’incontri con tante altre persone, scambi opinioni, guardi cose, e, se è il caso, acquisti qualcosa. Sarà meglio così?