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VEDIAMO DI ESSERCI

Come tante persone nella vita, si passano periodi differenti: belli, meravigliosi, neutri e purtroppo anche difficili, oltre che brutti.
Una cosa l’ho imparata in questi anni, affrontando gli uni e gli altri: affrontare sempre le cose, con la testa , con la presenza, essendoci. L’ho imparato quando mi è capitato di sentirmi sperduto, quando non mi sembrava di poter fare nulla, perchè quello che era capitato era irrimediabile. Ma ho scoperto che anche l’irrimediabile non è tale.
Certo quando perdi una persona cara, non sai più cosa fare, ti sembra che sia crollato tutto ma non è così. Perchè questa persona ti ha dato tanto, ti ha insegnato nel bene e nel male molto. Le cose che ti ha insegnato sono la sua continuità, e questo rafforza il ricordo… e il ricordo rafforza la sua presenza. Non voglio pensare al dopo, se c’è o non c’è (ovviamente mi auguro di si anche se non so come e in che modo…), ma alla continuità fintanto che siamo da queste parti. E per farlo in modo utile per se stessi e per il prossimo, affetti e non, bisogna esserci, essere presenti.
Non lasciarsi prendere dallo sconforto… qualcosa di positivo c’è comunque, basta guardare bene. Magari nascosto, non così evidente, ma qualcosa di buono c’è. Intanto cerchiamo di vedere il lato buffo, paradossale delle cose. Il mio povero papà me l’ha insegnato e ho sempre cercato di metterlo in pratica, e quasi sempre ci sono riuscito. Osservate bene quello che succede, qualcosa di strano, di incoerente, c’è sempre e se lo guardate dal punto di vista giusto, almeno un sorriso sarà in grado di strapparvelo. Questo poi ve lo farà affrontare correttamente, cosa che vi darà sicuramente maggiori probabilità di risolverlo.
Intendiamoci, non è una formula magica. Non pretendo che “oplà”, modello Mary Poppins, con un poco di zucchero, la medicina va giù…. Ma che, però, guardando bene si possa fare qualcosa di buono, ne sono certissimo. Non sto scrivendo niente di nuovo, sul “sale della vita” se n’è scritto e sdottorato… Ci sarà un motivo, se non sono io ( per citare Mourinho) “l’unico pirla” a fare queste considerazioni. Forse una base c’è.
Ho avuto la fortuna, in una vita che non sempre è stata perfetta, di aver avuto dei genitori meravigliosi finché ci sono stati e di scoprirne quanto lo siano stati quando non ci sono stati più.
Ma non se ne sono mai andati, ho un treno merci di considerazioni, ricordi affettuosi, sgridate costruttive, consigli accantonati e poi ritrovati sui quali stanno comodamente seduti, immagino ancora con quelle maledette sigarette che non sono mai riuscito a far abbandonare… E non solo loro, tanti altri cari con i loro ricordi e suggerimenti che mi accompagnano. Ma non solo io. Tutti.

MI VIENE L’ERNIA…

Il bacio di Klimt by Martina Fercioni

… per lo sforzo di mantenere quello che mi sono imposto quando ho aperto questa pagina blog: non parlare di politica, sopratutto adesso che la politica di politico ha veramente poco. Le ideologie sono morte e sepolte nonostante qualcuno giochi ancora con gli “anti” per motivare la propria posizione, quindi no, non parlerò di niente del genere. Invece racconterò del fatto che mi sono emozionato per l’ennesima volta grazie a mia figlia Martina. Dopo tutti i passi piccoli e grandi che ho seguito della sua vita, ora ce n’è stato un altro: alla fine del ciclo di studi presso la MBA ha lavorato per uno spettacolo dove ha mostrato le sue capacità professionali. La foto è di un suo progetto realizzato per questo spettacolo ed io, da bravo papà , mi sono emozionato. Poi l’ho riguardato anche dal punto di vista professionale e l’ho trovato maledettamente ben fatto… e questo ha accresciuto l’emozione e la soddisfazione. E’ una cosa che cerco sempre di fare: ok le emozioni, ci mancherebbe altro, poi la valutazione professionale emerge e cerca di capire il valore vero , per capire se è giusto, se devo suggerirle qualcosa o no.
Tra questa riga e le precedenti sono passate un paio d’ore e una cena, oltre a leggere qualche social: sono sempre più convinto che questo blog deve rimanere pulito. Anzi, avviso a chi si è registrato (cosa che mi stupisce ancora e che ringrazio comunque molto), per favore , parliamo e scriviamo di tutto fuorché di politica: ne sono disgustato. Io sono cresciuto in un periodo in cui lo scontro ideologico era duro, a volte durissimo, ma onesto. Le discussioni si facevano faccia a faccia, a volte si veniva alle mani, ma non ci si nascondeva dietro una tastiera o uno pseudonimo… Questo è l’ultimo scritto in cui accenno anche alla lontana a polemiche più o meno attuali. Meglio “il Bacio” by Martina…

cose semplici

…ma belle, anzi essenziali.

Come l’amore e la gioia che ti può dare un amico a quattro zampe. Se guardate questa foto non c’è alcun bisogno di spiegazioni. Da quando c’è lui, sono ringiovanito di un bel po’. Non quantifico per motivi di scaramanzia ma i miei over sessanta sono diventati under.
Poi gli acciacchi ci sono, ma anche per quelli l’amicizia diventa un lenitivo molto efficace, oltre a imporre anche il fatto di muoversi che non fa mai male… Non scrivo altro: parla la foto!

POCHE E CONFUSE

Pausa all’ombra…

Questa volta Ipod Inspirator sta sciorinando una serie di pezzi di Annie Lennox con e senza Dave Stewart… dalle ballads al primo electronic rock. Buone Vibrazioni, per citare i Beach Boys…
Ma veniamo a noi, è un incipit mix con un pò di tutto dentro.
Se dovessi seguire i miei pensieri di queste ore sarebbero orientati all’idea che mi balla per la testa da un pò di tempo: quella di affiancare al mio Mou un altro/a cagnolotto/a. Con tutti i problemi che può comportare… Mou ha un carattere meraviglioso con gli umani e i bimbi ma è selettivo con i suoi simili: se maschi in particolare. Quindi sto guardandomi in giro e più ne vedo e più me li porterei tutti a casa, ma con i mille “se” e “ma” del caso. Prima cosa , dovrebbe vedere e di conseguenza scegliere il diretto interessato: le convivenze imposte dalla famiglia non vanno bene per gli umani, figuriamoci per i quattro zampe. Per semplificare la cosa abbiamo fatto, forti della frequentazione assidua tra uomo e cane, alcune categorie per cercare di facilitare la scelta: meglio femmina, le accetta sicuramente di più anche se chirurgicamente inattivo…
Prima indicazione. Seconda: lui da cucciolo trovatello pare sia stato per diverso tempo vicino a setter e per i quali dimostra molta simpatia e quindi potrebbe essere una buona scelta.
Poi comunque occorrerà pazienza, farli stare assieme e vedere, come per le coppie umane, se funziona… Siamo passati a Santana intanto, album Trascendance… Intanto quel genio del mio cane, nel rientrare a casa, prima di passare il cancello, vede dall’altra parte della recinzione un suo “nemico”, un bull-terrier con il quale non va d’accordo: parte abbaiandogli contro senza rendersi conto che c’è un palo della luce vicino e ci sbatte contro con una zampa posteriore. Scena del cane ferito: zoppia, zampa sollevata, faccia contrita… Dopo due minuti davanti alla sua ciotola con la pappa dentro, scordato tutto… Potere taumaturgico delle crocchette.

tocchiamo ferro… tutto bene…

Mou Cucciolo

Uno di quei giorni che ti guardi intorno, cercando di capire da dove arriverà la mazzata, e questa non si palesa. Pensi che, come tradizione vuole, qualche cosa storta debba arrivare, e invece non arriva. Così continui a rimanere sul chi vive e non ti godi la giornata, che per una volta, una delle poche, è tranquilla. Passeggiata a piedi con Mou al Parco, nessun incontro/scontro con altri cagnoni, anzi: un incontro felicissimo con un suo vecchio (è il caso di dirlo perché ha la rispettabile età di 15 anni) amico. Riconosciuto dopo diversi anni di lontananza e affrontato come se fosse ancora cucciolo, in modo affettuosissimo. Giornata né troppo calda e nemmeno fredda, con una lieve brezza a mitigare il tutto. Siamo così prevenuti verso la felicità (o la più possibile serenità) che quando capita, non ce la godiamo. Dovremmo forse affrontare le giornate più serenamente, tanto se ci deve capitare qualcosa, succede anche se stiamo attenti. Quindi perché rovinare quel poco che ci viene dato? Viviamo serenamente. Se c’incazziamo non cambia nulla e perdiamo la lucidità per affrontare correttamente le cose.
Questo è il tipico post che nasce scrivendolo: originariamente avevo in mente di scrivere d’altro, qualcosa ancora pescando nel mio (lungo) passato, poi ho visto questa foto, ho realizzato che la giornata poteva non essere raccontata perché tutto (sinora) è rimasto nella normalità e da qui è nato…

Mou stamattina, al sorgere del sole…

Nomen omen…

un vecchio banner di molti siti fa…

Non voglio tediare chi non è interessato riguardo a storie di famiglia… per quello c’è già il sito www.fercioni.com.
Invece la mia intenzione è quella ricercare di spiegare cosa può significare il portarsi dietro un cognome “pesante” o che in passato lo è stato. Senza entrare nel merito, il mio lo è stato grazie a mio nonno e ai miei genitori e zii.
Questo , per lo meno è una mia sensazione, ha condizionato una buona parte della mia vita e , almeno un pò, lo fa tuttora. Lasciando da parte l’orgoglio di aver avuto nel mio passato persone che hanno fatto cose importanti, l’eredità mentale è quella di dover essere e rimanere al loro livello. Cioè di fare qualcosa di significativo, qualcosa che nel futuro faccia dire a mia figlia o a persone vicine di essere stati orgogliosi di me.
Il lato negativo è che poi diventa una catena quasi inevitabile e non so se questo sia giusto. Il rischio è quello di far diventare tutto ciò un peso o un aratro, una cosa che invece di stimolare possa poi frenare la propria strada normale.
Intendiamoci, non sono poi sicuro che questo magari non abbia influito, quando si è trattato di scegliere un mestiere, tra alcuni forse più remunerativi e anonimi e altri potenzialmente più evidenti ma magari meno “interessanti”. Tutto sommato spero di aver fatto le mie scelte nella vita, lavorativa e non, in base a quello che mi interessava fare di più e non quello che mi avrebbe fatto guadagnare maggiormente. Qui ci saranno commenti sicuramente ironici o negativi. Spero che qualcuno che capisca la cosa ci sia. Faccio ancora il regista televisivo da trent’anni e da più di quaranta considerando precedentemente la radio e la televisione con altre mansioni. Avrei potuto continuare a fare il copy o il grafico o finire architettura e lavorare su altri tipi di idee. Invece sono ancora qui, con uno stipendio come tanti che lavorano come dipendenti, sicuramente non male ma senza essermi arrampicato a tutti i costi più in alto. Fondamentalmente non mi interessava farlo: fino ad un paio d’anni fa ho lavorato su cose che mi piaceva fare, adesso per contingenze differenti magari un pò meno… Ma come si usa dire :”… tirare la lima e lavorare in fonderia, sono un’altra cosa…”

PIù IN ALTO…

una laboriosa salita…

Le piccole grandi cose… Una parola gentile di qualcuno, uno sguardo complice del tuo cane, il sentire vicina una persona cara. Tutte cose che a piccole dosi ti rimettono in pista e (un pò) in pace con il mondo, e soprattutto bilanciano l’enormità di altre cose che normalmente non solo non ti mettono di buon umore ma ti ribaltano l’animo. In realtà basta poco, soprattutto deve dipendere da noi: come in tutte le cose deve partire dalla disponibilità d’animo, dalla voglia di farlo. Un pò come per gli stati di esaurimento, stress, depressione: i medicinali servono per spezzare “la catena” della negatività, ma poi il resto deve venire da dentro. Chi l’ha vissuto, lo sa: l’ipocondria, le crisi di panico e simili, si vincono da dentro. Così come siamo noi stessi ad accumulare i sintomi, dobbiamo essere noi a tirarcene fuori. Se sono problemi reali si affrontano come quelli immaginari: anzi, una volta individuati, secondo me, sono proprio questi ultimi ad essere più facilmente risolti. Perchè il nemico lo conosciamo benissimo, come lui conosce noi: siamo noi stessi, quindi lo possiamo fregare… Mi sto rendendo conto di scrivere come parlavo quando ero davanti ad un microfono in radio : di palo in frasca saltabeccando tra un argomento e l’altro. Forse è per quello che la radio è il periodo che tuttora rimpiango maggiormente. Anche adesso parlo ad un microfono… però rompo le scatole solo a chi parlo nell’intercom: cameraman, rvm, assistenti, audio e chi c’è in quel momento… Poveri loro…

regia studio 6 Sky

SI RIFLETTE…

…in un modo o nell’altro…

…e per farlo bisogna macinare tempo e meningi… Perchè scrivere per scrivere è come parlare per parlare. Riempi file (o fogli, se sei analogico) al posto della bocca e delle orecchie di chi è costretto a sentirti, ma l’effetto è uguale: vuoto cosmico e per niente comico, se non involontariamente.
In questi giorni di pausa-blog ho rivisto vecchi amici, nuovi sconosciuti e persone potenzialmente amiche prossime. E questo mi ha consentito di ragionare, riposare e realizzare un pò di idee e concetti. Se poi abbiniamo a tutto ciò il fatto che lavorativamente è la settimana più scarica dell’anno e quindi anche sul posto di lavoro c’è stato tempo di pensare, direi che non ci si può lamentare. L’unico lato negativo è che col poco da fare ci sono anche pochi stimoli. Il patatone fotografato è stato bravissimo, un vero e proprio Mou Special Can … e quindi anche lui non ha dato spunti se non quello di rilassare e rilassarsi… Se proprio vogliamo trovare qualcosa di negativo, dobbiamo andare a trovare la mia squadra di basket, l’Olimpia Milano, che ha perso l’unica partita che non poteva permettersi di perdere e lo ha fatto anche nel modo più evidente, con Coach Pitino in panchina e Nick Calathes sul campo a spiegarci come si giocano e si allenano queste partite. Ora siamo in quel momento in cui quelli bravi scrivono “… non tutto è perduto, però…” E’ il però che mi preoccupa…

Qui dentro…

Via Montenapo al 3

Qui dentro c’è una fetta di vita, la mia. Non la più lunga e nemmeno la più recente, ma sicuramente per formazione, ricordi e creazione del mio (a volte pessimo) carattere, la più significativa. Intanto dovete immaginare questo palazzo com’era più o meno cinquant’anni fa: color carbone a causa dello smog milanese, allora anche visibile, altro che “polveri sottili”, fumo vero, molto londinese. I riscaldamenti a Milano in quegli anni erano molto random: tante case portavano ancora i segni della guerra e sicuramente delle industrie che allora convivevano coi cittadini milanesi all’interno della città, e le case avevano a volte ancora le stufe, oltre ai camini. I vetri, ricordo questo particolare nei miei primi anni di vita, erano ” a ricupero”, cioè andavi dal vetraio e chiedevi cosa c’era oggi, come le specialità del giorno: a volte trasparenti, a volte opaline, a volte bugnati…. Quello che veniva ricuperato. per riempire i telai delle finestre. La casa era enorme, circa trecento metri quadri con soffitti minimo di cinque metri. Infatti uno dei miei divertimenti da bambino era, dopo essermi arrampicato su antichi e altissimi armadi, lanciarmi sui letti sottostanti, per poi prendermi sgridate e sculaccioni dai miei oltre ad essermi fatto male da solo… Altro vantaggio delle dimensioni esagerate della casa era avere la possibilità di correre lungo il lunghissimo corridoio, che era diviso a metà tra zona giorno e notte da una porta a vetri. Porta che mio fratello attraversò (fortunatamente senza danni) in volo dopo essere inciampato mentre stavamo giocando. il lato della casa non inquadrato aveva un balcone lungo e stretto con una ringhiera in ferro battuto che si estendeva per tutta la larghezza della casa e che non ispirava molta sicurezza. Attraverso quest’ultimo entravano i rami di un indistruttibile sassofrasso (o spaccasassi, pianta che sopravviverà al genere umano…) che diventavano parte dei giochi del Fercioni bambino. Tra questi giochi, molto più dispendioso, c’era il lancio del cucchiaino (rigorosamente d’argento, sennò non era divertente). Io, piccolino, mangiucchiavo qualcosa sul terrazzo e una volta finito, buttavo il cucchiaino giù, perchè era molto divertente sentire il rumore che faceva. E piaceva molto anche ad alcune lavoranti della sartoria che c’era al piano terra che lo smaterializzavano prima che mia mamma scendesse al piano terra.

(1-continua)

Cielo, che giornata?

le scie, le scie…

La domenica per la maggioranza della gente, quella che fa lavori normali, con orari normali è il giorno che dedichi a qualcosa di speciale, magari che non puoi fare gli altri giorni. Io, che di domenica normalmente lavoro e l’eccezione è il non farlo, mi trovo sempre spiazzato: diciamo che la domenica la colloco a secondo dei giorni di riposo quando capitano… Oggi è una domenica come quella delle persone normali, che teoricamente mi dovrebbero far fare cose speciali. L’inizio, forzatamente uguale, è dato dal mio cagnone Mou, che necessita la sua “ora (sempre più di una) d’aria”. Un Parco di Monza affollato come una presentazione di un nuovo telefonino, runners , bikers, famiglie a spasso, padroni con cani anche loro a spasso: anche perché la giornata la vedete nella foto, sole, cielo azzurrissimo, temperatura almeno sopra di 10 ° rispetto a quella che dovrebbe essere. Quindi tanti buoni motivi per fare una passeggiata nel Parco. Poi, tornato a casa e invitato dal bel tempo, decido di dare l’olio protettivo al tavolo di legno sul terrazzo. E qui comincia il cinema: per proteggere il pavimento apro dei sacchetti grandi dell’immondizia, poi via i lavori con olio di gomito e olio vero… Sarebbe stato un lavoro da pochi minuti, se non fosse che il tavolo da esterno è di quelli a doghe, con spazietti minimi tra una doga e l’altra ed imprecazioni massime per far passare pennello o spugnetta. Quattro ore prima della seconda passata che occupo: A) pranzando B) portando fuori al volo una seconda volta Mou che sembra (poi non confermato) voler vomitare C) Abbioccandomi sul divano. Al risveglio, per citare Gaber: “…Seconda Passata…”.Vai di spugnetta e pennello e finisco per poi portare per un mini giro, l’ultimo, Mou a passeggiare, fortunatamente anche con zero voglia sua. Cinque minuti e a casa. Ho raccontato tutto ciò per sottolineare che anche l’anormalità, spesso, è normalissima…