Fin troppo facile dare la colpa al caldo massacrante , ma nonostante l’aria condizionata, i ventilatori e tutto quello che può mantenere la temperatura localmente sopportabile è il fatto di non poter fare quello che uno vorrebbe che ti manda fuori. In casa uno riesce a stare ma basta mettere il naso fuori o tentar di fare una delle mille cose che uno avrebbe programmato che ti si azzera tutto: uscita col cane alle sette di mattina, quando l’umidità sostituisce egregiamente il caldone, poi se c’è qualche commissione obbligata ti senti squagliare solo all’idea… Insomma, aspettiamo questi temporali previsti nelle prossime 48 ore come un bambino aspetta Natale o un lavoratore la pensione (di questi tempi…). Intanto mi sto facendo una mezza idea, passando questa settimana di ferie in casa, di come potrebbe essere la pensione senza alcuna attività complementare. Questo mi fa escludere quota 100. L’idea di andare avanti ancora qualche anno non mi dispiace a questo punto. Certo che passare dalla caldazza alla pensione non è precisamente la cosa più immediata, però ci si può arrivare. Intanto il lavoro, in tv , continua. Anzi non è mai finito se vogliamo: sono cominciate le amichevoli di calcio, i motori (F1) non è mai finita e la Moto GP ricomincia i primi di Agosto. Il campionato non è lontano e qualcos’altro arriverà oltre a tutti gli studi dedicati ai vari sport… La sintesi di queste giornate la esemplifica bene Mou, il mio cagnolone: si spiaggia sotto le bocchette del condizionatore, poi esce qualche minuto sul terrazzo, poi rientra e si spalma sotto le pale del ventilatore a soffitto, poi va a bere dalla sua ciotola e si rispiaggia sotto il condizionatore. Troppo freddo? una mezz’oretta sul divano sulla sua copertina e così via, fino all’ore dell’uscita (brevissima…) per la pipì/cacca pomeridiana…
Addavenì il temporale…
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Tu chiamale se vuoi…
Dopo tanti giorni nella più piatta delle normalità, ogni tanto si esce dalla routine ed arrivano, come dice il titolo… “emozioni…”.
Lo stesso giorno scopro che potrei andare in pensione anche subito (o quasi…), scopro che anche mia moglie potrebbe farà una cosa simile a breve e nello stesso giorno viene messo in palinsesto su Sky, grazie anche alla mia buona abitudine da accumulatore compulsivo, uno speciale per i vent’anni dell’oro di Parigi della nazionale di basket, dove ho vissuto quell’esperienza molto da vicino, praticamente sempre insieme agli azzurri di allora… Speciale molto ben realizzato da Alessandro Mamoli, ma con tutte le immagini e le emozioni che quelle immagini riportano a galla.
Per me , ancora adesso , nonostante la produzione fosse stata fatta con pochi mezzi a causa dell’acquisizione dell’evento avvenuta a budget chiuso e quindi inventandoci cose e persone per portare a casa la produzione, è una delle cose più importanti della mia vita professionale.
E più commoventi: la sintesi di tutto questo è nell’abbraccio tra Meneghin padre e il figlio Andrea, avvenuto quasi a bocce ferme dopo un contatto durissimo subito da quest’ultimo, negli ultimi istanti della finale Italia Spagna. Era un tripudio di endorfine e lacrime: Flavio Tranquillo con la voce disintegrata dall’emozione, il Coach Peterson anche lui non più nano ghiacciato, ma fuso. Tutto il gruppo di lavoro con un marasma misto di magone e commozione: chi in campo, chi in regia tutti con il classico groppo in gola. Io che cercavo di spiegare al cameraman francese tra una lacrima ed un singhiozzo cosa avevo bisogno che mi inquadrasse e lui che ha fatto finta di capire ma ci ha preso comunque con le immagini.
Un avventura cominciata da Antibes che sembrava doversi bloccare lì per un Carlton Myers a fare da salvatore della Patria che sbaglia l’inverosimile sul finale della partita d’avvio del torneo. In carovana su fino a Le Mans dove a parte Sabonis che ha fatto quel che ha voluto, noi abbiamo trattato le altre squadre come degli escargots, piatto locale: ce li siamo mangiati. E poi Parigi. Dove nelle semifinali abbiamo giocato la vera finale, contro la Yugoslavia, e abbiamo vinto, per fare poi una quasi passerella contro la Spagna. Avventura che ha avuto una coda, quando, molto carinamente, siamo stati invitati alla premiazione ufficiale e lì, hanno premiato anche noi, con una copia (non importa ha lo stesso valore) della medaglia data all’Italia.
Poi, vent’anni dopo, con un montaggio fatto da interviste di questi giorni, immagini ufficiali e quelle ufficiose (girate dal sottoscritto) è nato questo speciale che ha riportato a galla le stesse emozioni di allora. Emozioni? Emozioni.
SLALOM SPECIALISSIMO
E’ quello che si deve fare se si vuole evitare di cascare sui massimi sistemi o nelle massime banalità… Nei social da qualche tempo, a parte noi canisti e gattinisti, è quasi impossibile evitare polemiche se non serie di insulti più o meno gratuiti.
Io, nel mio blog, voglio trattare serenamente di mie considerazioni, spesso figlie di situazioni vissute o comunque di cose percepite. Non è detto che siano sempre argomenti facili o sereni… magari! Vorrebbe dire aver vissuto una vita senza alcun spigolo o difficoltà e non penso che esista qualcuno in queste (perfette) situazioni.
Infatti sto cercando di evitare un argomento che mi ronza da qualche giorno nella testa ma non c’è verso di scrollarmelo di dosso: la scomparsa di una persona cara nella vita di ognuno noi.
Mi continua a tornare in mente un pò perchè un mio collega che ha avuto la fortuna di avere entrambi i genitori insieme sino ad un’età dignitosamente avanzata ha perso la madre in un modo inaspettato e violento. Dall’altra parte ci sono io che mio padre l’ho perso quando avevo 22 anni, in quel momento in cui stai uscendo da quel periodo in cui i genitori sembrano un impiccio e tornano ad essere fonte di supporto e consigli. Ed ho visto lo stesso modo di reagire, di affrontare “l’elaborazione del lutto” come si dice adesso… Entrambi facendo un lavoro in cui devi mostrarti ed essere comunicativo, simpatico e apparire sereno. Lui in televisione, io in radio.
Io allora avevo un immagine di simpatico cialtrone, uno di quelli che dalla mattina presto intrattengono e cercano di svegliare le persone in modo che il resto della giornata ( o almeno la prima parte) sia affrontata con il sorriso sulle labbra. Vi lascio facilmente immaginare di quanto sia stato difficile riprendere il lavoro dietro al microfono, eppure, nonostante mi avessero detto di prendermi il tempo che ritenevo necessario, dopo due giorni ero lì a chiacchierare amenamente con il pubblico. Perchè? Perchè quello era l’unico modo di tenere occupata la mente, non pensare al fatto che tornando a casa l’avrei trovata più vuota, ed anche questo mio collega, ha fatto lo stesso. L’età non importa, un pezzo di anima si perde in quel momento e in quel caso bisogna essere tutti Amatore Sciesa .
Tirém Innanz…
tante e ben confuse…
Normalmente molti di questi post pubblicati su questo Blog nascono da idee e relative associazioni durante passeggiate o mentre la mente vaga per fatti suoi. Il modo migliore per non perderle sarebbe avere la possibilità di annotarle in un modo o nell’altro: un notes, un registratore… o semplicemente una memoria come Dio comanda e non modello pesce rosso. Anche perchè spesso le idee si sovrappongono annullandosi e perdendosi fino a quando non arriva un “gancio”, un qualcosa che ti aiuta a ricuperarle.
Stamattina le sovrapposizioni si sprecano e, come scritto, si annullano. Ricordo che a colpirmi ieri è stato in particolare il concetto di quanto dipendiamo gli uni dagli altri e quando viene a mancare qualcuno vicino in un modo o nell’altro, si spostino tutti gli equilibri. Da questo concetto mi sono spostato sulle mie perdite e su quanto abbiano influito nell’andamento della mia (e dei miei cari, perché è tutto connesso) vita.
Spesso ci lasciamo vivere nell’illusione di una continuità che per forza di cose ad un certo punto s’interrompe e quando questo accade ci stupiamo o quasi ci offendiamo in nome del “..perchè proprio a me, a noi…”. Forse sarebbe meglio riempire nel modo migliore il tempo che viviamo insieme alle persone che fanno parte della nostra esistenza, piuttosto che lamentarsi del quanto è durato. Come è durato è più importante, quanto è stato importante e non quante pagine del calendario.
Attenzione, per non dare l’impressione che sto parlando di cose solo tragiche , sulle durate ed i contenuti mi riferisco anche alle singole esperienze di vita: non cronometriamo, mettiamo dentro ogni secondo qualche cosa, farciamo per benino le nostre esistenze. Così quando ci sarà modo di sedersi e rendicontare il tutto, la bilancia tra il dare e l’avere sarà giustamente in equilibrio.
Vedete? Sono partito con un mix di idee e poi qualcosa è venuto fuori… E’ così che funziona, quando funziona…
COrsi e rincorse
Ci sono certi periodi in cui ti trovi in situazioni nuove dove è necessario imparare e altri in cui corri dietro a vecchie situazioni. Mi spiego, per lo meno cerco di farlo: la televisione viene venduta come l’esempio più lampante di evoluzione tecnologica, eppure tra gli addetti ai lavori, ci sono domande su come si evolverà e dove andrà a parare. Sarà ancora trasmessa con i satelliti e i ponti terrestri o l’evoluzione del 5G digitalizzerà tutti segnali?
O ancora: In previsione di una saturazione dei segnali radio (peraltro neanche tanto sani per la salute della gente) si cableranno tutte le località d’Italia e d’Europa? Oppure ancora: ci sarà un rimbalzo con relativo rifiuto da parte di tutte le persone per le eccessive ingerenze verso ognuno di noi?
Io, personalmente parlando, sono molto più vicino a quest’ultima ipotesi, forse perchè la vivo sula mia pelle. Troppe cose, vere o false che siano e con il dubbio sempre presente che quello che ti stanno propinando sia quasi sempre fasullo o molto aggiustato per l’occasione.
La gente che guarda solo attraverso uno schermo e non più con gli occhi (oltre a rovinarseli con le radiazioni dei Led). Persone che non sanno più guardare, vedere le cose come sono, senza un interfaccia video. Qualche giorno, tornando da una trasferta in una località del Trentino, per evitare il grosso del traffico vacanziero, siamo passati in una valle incastonata tra le Dolomiti: sembravo un bambino al Luna Park con tante monetine in tasca…
La fiera degli “Oh Bej,oh bej” degli occhi. Panorami maestosi e mozzafiato, incastonati tra una pineta e l’altra con l’apparizione ogni tanto di fiumiciattoli e cascatelle a dare toni argentei alle immagini.
E’ vero che , come dimostra l’immagine pubblicata, non ho resistito alla tentazione di fotgrafarmele e portarmi il ricordo a casa, ma ho comunque la coscienza pulita: ho guardato, mi sono riempito gli occhi, l’anima e il cuore di questi fantastici panorami, non mi sono limitato a scattare per poi postare le foto da qualche parte, dimenticandomi di averli visti.
Ho anche abbassato il finestrino e ho fatto il pieno dei profumi di quell’aria, merce rara per noi cittadini…
Guardiamo, respiriamo e ascoltiamo… insomma: viviamo.
NEL DUBBIO MI ASTENGO?
Oggi i temi da trattare oscillavano tra il serio e il serioso. Il faceto no, perchè di questi tempi c’è poco da ridere a guardarsi in giro e quindi per scrivere di qualcosa si finisce o sullo sport o sui massimi sistemi. E questi ultimi viste le quattro ore passate sul sedile di una macchina con dei colleghi per un sopralluogo al Palasport di Verona che sarà teatro di un torneo pre-Mondiali con la Nazionale Italiana di Basket, sono stati argomenti di chiacchiera e discussione. Anche se la conclusione è stata comune e abbastanza catastrofica, ci siamo arrivati ognuno per la propria strada e la soluzione prevede un reset a base di onestà, fine dell’ingordigia, con un capitalismo illuminato in cui la fame di soldi e potere sia tenuta a bada da regole precise ma che rimanga come stimolo per crescere.. Insomma demanagerare il più possibile le aziende che da queste figure hanno avuto alla fine, solo danni.. Il titolo? Nasce dal giro fatto sui social e sui gruppi che seguono il basket che , come tutti gli sport di squadra, in questo periodo fanno parlare sopratutto di mercato giocatori in vista degli prossimi campionati e quindi rischi di fare la copia della copia della copia di tanti altri blog e siti. Poi ho realizzato che se sto sulle opinioni dando per buono quello che leggo allora non rischierò di essere il doppione di nessuno. quindi: non mi astengo. La notiziona per il basket italiano e in particolare per chi tifa Milano è quella del “quasi” arrivo del Chacho Rodriguez, uno dei Playmaker puri più dominanti di quest’ultimo decennio. Una figura che mancava da molto tempo. Poi noi milanesi in questo ruolo abbiamo dei discreti confronti… Altra buona notizia (se va in porto ) è l’arrivo dal Maccabi di Roll, giocatore e tiratore, solido e che quando ha giocato contro di noi , ci ha sempre fatto. del male e poi… e poi c’è Messina e questo dovrebbe bastare. Poi quando comincerà il campionato, finirà l’apnea e si potrà respirare.
la faccia giusta
Oggi, in una pausa tra una email e l’altra, una telefonata e quella successiva, qualche messaggino e WhatsAppate di lavoro e non, mi sono fermato a vedere sul canale Nba il vecchio speciale su Kobe Bryant: un’alternanza di interviste, clip storiche, foto strepitose e via descrivendo. Lì ho avuto la conferma che puoi essere il più forte giocatore del momento, oppure il più bravo personaggio televisivo o il migliore politico sulla piazza, ma se non hai la faccia “giusta”, fai molta, molta fatica ad essere famoso. E non è neanche la bellezza, perché ci sono attrici, conduttrici televisive, donne meravigliose ma che non “bucano” il video. Non mi metto a fare nomi perché una buona parte di questi personaggi sono (o sono stati) colleghi e colleghe, ma si contano sulla dita di una mano quelle e quelli che passano dall’altra parte dello schermo (televisivo o cinematografico che sia). Facendo esempi lontani e nonostante l’abilità dei producers e Directors di Nba Entertainments, nelle ultime generazioni di giocatori, si fa molta fatica a trovare il personaggio a 360°. Anche negli incredibili Golden State Warriors , uno che poteva avere la faccia (le capacità di gioco non le cito nemmeno) come Steph Curry , non è riuscito a convincere. LeBron è la perfetta incompiuta, giocatore pazzesco, forse il più immarcabile di sempre ma con un’immagine che non ha mai convinto completamente. Io rimango ancora con Kobe e con MJ e con i tanti fuoriclasse precedenti, se si parla di basket. Se si parla di televisione e di politica… meglio lasciar perdere perché non ho soldi per un avvocato …
sdoganando
E’ un verbo che ha molti significati in questo periodo e molti non certo in chiave positiva.
L’enciclopedia Treccani da’ questa definizione:
“…fare accettare dall’opinione pubblica un ideologia, un pensiero e sim. prima ritenuti inammissibili” o il Garzanti: “…rendere disponibile, rimettere in circolazione una cosa che in precedenza non era utilizzabile o permessa- rendere socialmente accettabile…”
Il fatto che si tenda , quando fa comodo, sdoganare l’una o l’altra cosa, anzichè cercare di accettarne il significato reale, mi lascia perplesso (stavo per scrivere “perplime” che è stato sdoganato…).
Una cosa è il fatto che alcuni termini hanno un valore polisemico, cioè hanno diversi significati a seconda del contesto nel quale li si usa, ma da qui a far virare il significato solo su l’aspetto che più fa comodo, lo ritengo scorretto. Senza voler entrare nel merito delle varie ideologie, questo giochino di assegnare un significato sottinteso a definizioni prevalentemente ideologiche, quindi aventi un significato storicamente ben preciso, lo trovo scorretto. L’applicazione del sillogismo forzato nelle valutazioni ideologiche porta a confondere più che a chiarire.
Faccio un esempio perchè non sono stato chiaro : se qualcuno afferma Tizio appartiene al movimento Sgnaus, Tizio ha rubato quindi gli appartenenti al movimento Sgnaus sono tutti ladri è una forzatura. Se tu cerchi di sdoganare il fatto che tutti gli Sgnaus, in quanto tali sono dei ladri e dai per valida l’affermazione Sgnaus=ladri ti comporti in modo scorretto.
Uffa, è difficile fare esempi senza fare nomi… Tutta colpa degli Sgnaus? Ci scherzo su, ma questo giochino è ampiamente usato in nel social-momento: parti facendoci su dell’umorismo, poi sempre meno, poi dici che non è poi così lontano dal vero, poi scollini dicendo che è quasi sempre così e poi diventa vero.
Dialetticamente può essere divertente, ma può essere anche devastante.
Parola di Sgnaus…
mescolato, non agitato…
Quando James Bond chiedeva un Martini, specificava come lo voleva sempre con questa frase.
Io oggi la uso per spiegare la mia filosofia in questo blog e più in generale nella mia vita. Non prendo mai le cose come mi vengono poste: le guardo, le osservo, le valuto, se ci trovo qualcosa di buono lo estrapolo oppure le adeguo alle mie necessità ed opinioni mixandole con la farina del mio sacco. Ma, come si fa con il maiale, non butto via nulla, magari momentaneamente lo metto da parte per poi, magari più tardi, farne uso. E questo vale anche per i temi affrontati in queste poche righe: spunti dall’esterno, dalla strada o dal lavoro, mischiati con le mie opinioni, il tutto servito caldo (o freddo, dipende dalla stagione) con un minimo di decorazione…
Oggi, ma non è storia nuova, anzi forse di passaggio è già stata affrontata, mi viene da parlare dei “nuovi” manager, i 2.0 ( o 3.0, il più delle volte 0.0…). In un mondo in cui la parola magica è “startup”( e la maggior parte di chi la usa non ha neanche idea di quale sia il senso della cosa) insieme a tutta una terminologia anglofona figlia del marketingese tanto di moda in questi tempi, ci troviamo tante scatole vuote (“empty boxes”per i nuovi manager), infiocchettate da termini pomposamente tradotti. Ora, so che molti miei utenti sono di lingua inglese e va spiegata la cosa: in Italia, dal dopoguerra in poi, dal contatto con le truppe (e la cultura) angloamericane, abbiamo assimilato molte cose, termini e abitudini. Diverse buone, alcune meno. Tra queste ultime c’è l’abitudine a riempirsi la bocca con termini tradotti per l’occasione: attenzione non sto parlando di quelli di provenienza inglese o americana (che avrebbe senso), ma di parole etimologicamente italiane, che vengono tradotte “ad minchiam” solo per darsi un tono… Ma anche questo, a parte il fatto di essere abitudine provinciale e palese segno d’insicurezza, potrebbe anche passare, se non fosse che, come ho già scritto, tre volte su quattro questi termini sono empty boxer, scatole vuote.
Con il massimo rispetto per il ruolo, un Warehouse Manager è il capo magazziniere, un Sales Officer è un commesso, e via s-traducendo… Ho pubblicato la foto che vedete sotto al titolo perchè, per una volta, ho trovato dell’umorismo in una scritta aziendale, normalmente pompose e che ricordano le scritte che si trovavano sui muri delle case nelle città e nei paesi durante il Ventennio.
Questa usa un termine quasi popolare e italianissimo: sbarazzarsi si usa quando ti devi liberare di qualcosa o di qualcuno.
In questo caso era riferito ai vassoi della mensa che provvisoriamente hanno cambiato collocazione (stavo per scrivere “location”) in seguito alla ristrutturazione in corso della mensa stessa…. Se poi si pensa a cosa c’era sopra i vassoi, il termine fa ancora più sorridere… Bravi.
la buona ,vecchia burocrazia…
Forse arrivo tardi, forse, per una serie di concomitanze non ho avuto modo di rendermene conto solo adesso. Forse perchè ho avuto la fortuna di non aver bisogno per il mio cane di nessuna medicina in questi ultimi mesi. Ho scoperto in questi giorni e oggi ho avuto la conferma diretta dalla veterinaria curante di Mou che il mostro della stupida burocrazia è ancora vivo e prolifico. Già le medicine e le prestazioni per gli animali d’affezione ( i nostri cani, gatti, ecc.) sono tassate come se fossero generi d’acquisto qualsiasi , quindi al 22% e non con tassazione ridotta come gli esseri umani, e questo è già ignobile… Pensate a quante persone sole e anziane hanno come unica compagnia un cagnolino o dei gatti ed un salasso del genere fanno spesso fatica a sopportarlo.
Una bestiola, purtroppo capita, può stare male e a meno di un veterinario di buon cuore, una visita o una piccola operazione costano e non poco e sono tassate al 22%. Poi se deve seguire una terapia, spesso scatta il dramma: molte persone non possono permettersi le medicine per le cure in questione ed è vergognoso che nessuna autorità intervenga per cambiare questa situazione. Ma ora hanno pensato bene di complicare ulteriormente le cose. Veterinari e farmacisti mi hanno detto che da aprile di quest’anno, per qualsiasi medicina di uso veterinario, anche il semplice antiparassitario o le pastiglie che si danno mensilmente per la filaria o la leishmania, occorre la ricetta elettronica… Che si ottiene andando dal veterinario con il codice fiscale (proprio) e il numero di microchip (del cane) e ogni volta, OGNI VOLTA, farsi rilasciare una una ricetta in cartaceo. Ma non era elettronica? E la presa in giro, o l’ignoranza della cosa, è che questa procedura è stata fatta per verificare e quantificare gli antibiotici che vengono dati agli animali da consumo (lo so che è brutta la definizione): mucche, ovini, suini ecc. Ma non ha senso per quelli d’affezione. O chi ha scritto la legge ha pessime abitudini alimentari o semplicemente, come purtroppo ci si rende conto sempre più spesso, lo ha fatto in modo superficiale provocando un probabile danno molto peggiore della cura.
Le persone non in grado non cureranno più i loro animali con le conseguenze facilmente immaginabili.